RECENSIONE Letto 4216

I racconti, i saggi e i versi di Vincenzo Rizzuto, per dare movimento a un “tempo immobile”


Foto © Acri In Rete



Viaggio nel tempo immobile” è sintesi efficace della scrittura di Vincenzo Rizzuto e pregna della firma di autore per contenuti e valore.
Egli, infatti, racchiude nella pregevole raccolta i tre volti che lo caratterizzano: narratore, poeta e saggista. Essi convivono armonicamente nel suo animo di uomo e di scrittore, alimentati dalla passione, dalla forte determinazione a esprimere le idee in difesa di diritti e doveri, della convivenza civile, della solidarietà, dell’istruzione come sigillo inalienabile e garanzia di una crescita sociale sana e capace di assicurare alla comunità cittadini impegnati e intenti a lavorare per il bene comune. Dopo l’incisiva, colta ed esplicativa prefazione del Presidente della Fondazione Carical, Prof. Mario Bozzo, il libro presenta il primo dei cinque racconti proposti, quello più ampio e preposto a dare il titolo all’opera. È una sorta di “nomen omen”, un nome che è presagio, poiché, come Rizzuto stesso scrive nella prima aletta di copertina, vi sono situazioni "che la realtà di ogni epoca puntualmente ci pone davanti; per questo il tempo sembra “immobile” e ha sempre bisogno di essere cambiato".
In effetti, attraverso un ideale filo conduttore, in ogni racconto e in ogni saggio si coglie l’intento, narrativo negli uni e argomentativo negli altri, di delineare un profilo della realtà umana, che necessita di cambiare a livello sociale, politico, culturale. Chi ha incarichi istituzionali e il privato cittadino devono dare il proprio contributo personale al fine di rendere effettiva quotidianità e non mondo ideale, utopia o miraggio il rispetto di sé e dell’altro, la dignità, il decoro, l’onestà, la giustizia, la tutela di quanti vivono nel disagio o sono vittime di pregiudizio e di emarginazione.
Vincenzo Rizzuto racconta con una prosa sobria, chiara, lineare, intrisa di quella semplicità, che è desiderio di comunicare con immediatezza e spontaneità.
Egli narra in modo icastico, perché spesso le parole si traducono in immagini, che restano come quadri efficaci ed emblematici. La sua narrazione è sentita e per questo è proposta con la “vis” di un carattere fiero e convinto che esprime le sue idee, cercando di rendersi portavoce della gente, quella vera, che vive le contraddizioni di questo tempo complesso e ne soffre le storture e le ingiustizie. I suoi personaggi si stagliano dalle pagine come caratteri in cui si rispecchiano i profili di quanti incontriamo nella dimensione quotidiana.
Degno di nota è il garbo con cui l’autore ricorda e dà voce agli umili, ai dimenticati, alle persone che, per qualità capaci di esempio, meritano di avere luce tale da consentire alle loro orme di accompagnarci. E, poi, si avvicendano i saggi, dai quali trapela il pensiero dell’intellettuale, filosofo e storico, come ricordano le discipline che Rizzuto ha insegnato, prima di diventare Preside di istituti superiori.
Da questi scritti affiorano lo spirito prometeico, il tratto polemico inteso come confronto dialettico e costruttivo, la linea argomentativa gestita con lucidità e coerenza, senza eccedere, bensì preferendo lo stile asciutto, la sintesi, l’efficacia della proposta di periodi concisi proprio per consentire ai contenuti di arrivare senza filtri e in modo diretto e immediato. I saggi propongono punti di vista, che, al di là delle posizioni individuali di chi scrive e di chi legge, possono essere spunti di riflessione e di dialogo, come il valore della democrazia insegna e invita a ricercare. Infine la piccola appendice poetica: qui si ritrova l’autore già molto apprezzato nella raccolta di poesie “Fiori di pietra”, pubblicato da Comet Editor Press, o in componimenti sparsi e rintracciabili in opere precedenti.
Questa è la parte in cui si può cogliere il lato più discreto e familiare dell’autore all’insegna del ricordo, degli affetti, della vena ispirata da luoghi, paesaggi, natura, radici, tradizioni e valori. Per ricorrere ad una suggestiva metafora, è come ritrovare nello stesso animo, nel quale si è colto tra narrativa e saggistica, il ruggito del leone, il canto di un usignolo, che da un punto remoto e solitario fa giungere la melodia del suo verso intriso di quella sensibilità, celata per pudore agli occhi degli altri, ma destinata, comunque, ad effondersi attraverso l’evocazione e la suggestione delle parole che compongono i versi. Ecco, in questa triade costituita da racconti, saggi e poesie, si racchiude il palpito vitale di questa ennesima “figlia di carta”, come Oriana Fallaci amava definire ogni suo libro.
Le pagine di questa “creatura” di Vincenzo Rizzuto, che dedica ai suoi nonni, amate radici, e a suo suocero, confermando anche da questo la sua nobiltà d’animo, rimarranno come occasione di viaggio e, secondo l’auspicio dell’autore, invito a contribuire a che il tempo, perdendo quel suo tratto “immobile”, ripristini il suo flusso e, seppur inarrestabile, si riveli positivo e costruttivo nel saper rendere l’uomo migliore.

PUBBLICATO 04/04/2017  |  © Riproduzione Riservata

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