Omicidio San Lorenzo del Vallo, legale acrese chiede la revisione del processo per l’ergastolano Scorza


Roberto Saporito

Ricorderete l’efferato omicidio avvenuto a San Lorenzo del Vallo nel 2011, nei confronti di due donne, madre e figlia, colpevoli d’essere rispettivamente la cognata e la nipote d’un uomo che aveva ucciso a colpi di pistola il 20 enne Domenico Presta, figlio del boss della ‘ndrangheta cosentina, Franco, ora ergastolano. Le vittime si chiamavano Rosellina e Barbara Indrieri (nella foto) e vennero assassinate il 16 febbraio 2011 in una palazzina di San Lorenzo del Vallo da due uomini. Un anno dopo il duplice omicidio, Sylas De Marco, rimasto nell’occasione solo ferito, indica all’allora procuratore aggiunto antimafia di Catanzaro, Vincenzo Luberto, i nomi dei presunti sicari: Francesco Salvatore Scorza, trentaduenne di Castrovillari, e Domenico Scarola, 28 anni di Tarsia. I due vengono arrestati, rinviati a giudizio e condannati all’ergastolo. L’11 ottobre del 2017 la suprema Corte di Cassazione respinge i ricorsi presentati dal collegio difensivo facendo diventare definitive le condanne. I due imputati si sono sempre protestati innocenti, contestando la ricostruzione degli accadimenti fatta sia dai magistrati inquirenti che dai giudici delle Corti di assise di Cosenza e Catanzaro. A quasi tre anni di distanza dalla pronuncia del verdetto, l’avvocato Mario Murano, acrese ma residente a Roma, difensore di Francesco Salvatore Scorza (nel riquadro a destra), ha presentato istanza di revisione alla Corte di appello di Salerno, chiedendo la celebrazione di un nuovo processo. Nell’istanza il legale sottolinea l’esistenza di nuove prove a favore del condannato Scorza e stigmatizza una serie di errori commessi durante le indagini condotte per far luce sul duplice omicidio. «Dall’esame complessivo degli atti processuali non può non rilevarsi», dice Murano, «che l’iter investigativo si è rivelato anomalo e caratterizzato da gravi mancanze ed errori in massima parte irreversibili, che poi hanno finito per condizionare l’esatto accertamento della verità processuale, falsamente ancorata alla responsabilità di un imputato palesemente innocente». Entro il prossimo ottobre, la decisione sull’ammissibilità o meno della richiesta di revisione.
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PUBBLICATO 22/07/2020 | © Riproduzione Riservata

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