Amministrazione pubblica e politica: tra distanza e disincanto


Comitato Beni Comuni di Acri

In uno scenario urbano in cui le contraddizioni si fanno sempre più evidenti, Acri si trova a fare i conti con un paradosso che coinvolge progetti ambiziosi e, al tempo stesso, un degrado che avanza inesorabile nella quotidianità dei cittadini.
L’impressione diffusa è quella di una città in cui i privilegi di pochi si impongono sugli interessi della collettività, alimentando un senso crescente di distanza tra istituzioni e cittadini. L’amministrazione pubblica, spesso percepita come distante e autoreferenziale, fatica a rispondere alle reali esigenze del territorio, lasciando spazio a disincanto e sfiducia. Questa riflessione rappresenta solo l’inizio di un’indagine più ampia su come le dinamiche politiche, la gestione delle risorse e la visione della città incidano profondamente sul benessere di una comunità che, nonostante tutto, continua a sperare in un cambiamento tangibile. Negli ultimi anni, anche ad Acri abbiamo assistito a momenti di tensione tra indirizzo politico e gestione amministrativa. Basti pensare alle polemiche legate al dimensionamento scolastico, alla gestione per l’emergenza idrica o alle discussioni sull’urbanistica locale: in tutti questi casi emerge chiaramente quanto sia delicato l’equilibrio tra decisioni politiche e competenze tecniche. In molti contesti locali, il rapporto tra amministrazione politica e amministrazione pubblica risulta spesso complesso e, a tratti, problematico. Sebbene entrambe siano chiamate a collaborare per il buon governo della cosa pubblica, non mancano frizioni, incomprensioni e disfunzioni che ostacolano l’efficacia dei servizi erogati ai cittadini. Tra le principali cause di queste difficoltà si annoverano le interferenze politiche e lo spoils system, ovvero quel meccanismo secondo cui alcuni dirigenti amministrativi vengono scelti o rimossi in base alla fiducia del governo in carica, piuttosto che per merito. Anche nel nostro territorio, alcune nomine o incarichi temporanei hanno sollevato interrogativi sull’opportunità di legare ruoli tecnici a logiche di appartenenza. Questo modello rischia di compromettere la continuità e l’imparzialità dell’azione amministrativa, in quanto le scelte tecniche diventano subordinate a logiche politiche, con conseguente instabilità, demotivazione del personale e potenziale clientelismo. E’ evidente che un certo grado di sintonia tra vertice politico e apparato amministrativo sia necessario per attuare le politiche pubbliche. Tuttavia, è altrettanto fondamentale garantire che l’amministrazione operi con una propria autonomia tecnica, fondata su competenze, dati oggettivi e rispetto della legalità. L’autonomia tecnica assume un ruolo centrale in settori delicati come l’urbanistica, la sanità pubblica e la tutela ambientale. L’autonomia, in sintesi, è ciò che consente alla pubblica amministrazione di essere un’istituzione competente e affidabile, capace di servire il bene comune al di là delle contingenze politiche. Un altro aspetto importante è la frammentazione tra settori. Anche ad Acri, come in molti altri comuni, gli uffici spesso lavorano in modo isolato, con difficoltà di coordinamento. Per esempio, se un cittadino chiede un permesso edilizio, dietro a quella richiesta si nascondono una serie di passaggi interni complessi: modulistica, controlli, approvazioni, protocollazione , ecc.. Una soluzione efficace è la mappatura end-to end dei processi. La mappatura ricostruisce l’intero percorso, coinvolgendo tutti i settori interessati. L’obiettivo non è solo di documentare, ma di capire dove si bloccano le cose, dove c’è spreco di tempo e risorse, dove si può migliorare. Una volta analizzato il processo, si possono introdurre soluzioni concrete: software che automatizzano i passaggi, regole comuni tra uffici per evitare duplicazioni, sistemi di monitoraggio per garantire trasparenza. Inoltre, la mappatura facilita la comunicazione tra dirigenti, tecnici e amministratori, promuovendo una visione condivisa dei risultati da raggiungere. In questo modo la PA diventa più snella, più comprensibile per i cittadini, e più capace di rispondere in tempi certi e con servizi di qualità. In sostanza, la mappatura correggerebbe quei meccanismi che si generano e che spingono i cittadini ad atteggiamenti clientelari. Altro aspetto da considerare è quello del cambio politico. Ogni cambio politico può portare a un ricambio di dirigenti, interrompendo progetti e strategie a lungo termine. In sostanza, quando la politica entra troppo in profondità nella macchina amministrativa, i problemi non tardano a emergere. Quello che dovrebbe essere un sistema capace di operare con efficienza, imparzialità e continuità si trova spesso zavorrato da logiche di parte, da scelte dettate più dal consenso che dal buon senso. Le nomine ai vertici, per esempio, rischiano di diventare premi per la fedeltà politica piuttosto che riconoscimenti per la competenza e l’esperienza. Non meno grave è la distorsione nell’uso delle risorse: fondi pubblici e progetti, che dovrebbero rispondere ai bisogni reali della cittadinanza, vengono a volte orientati per consolidare bacini elettorali o accontentare piccoli gruppi di potere. Il risultato? Un’amministrazione che perde di credibilità e cittadini che si sentono sempre più distanti, sfiduciati, disillusi. Inoltre, questa ingerenza politica finisce per spezzare ogni possibile continuità amministrativa: ogni cambio di giunta diventa un nuovo inizio, con l’interruzione dei progetti precedenti e la dispersione delle energie e delle risorse già investite. In una città come Acri, dove le risorse non sono infinite e le sfide sociali sono quotidiane, questa commistione tra politica e amministrazione può diventare un freno potente al progresso. Invertire questa tendenza è possibile, ma richiede volontà, trasparenza e una visione autenticamente rivolta al bene comune. Quando il concetto di bene comune diventa una bandiera da sventolare piuttosto che un principio da onorare, si corre il rischio di trasformarlo in uno strumento di potere. In quel momento, decisioni che dovrebbero rispecchiare l’interesse collettivo iniziano a rispondere a logiche di convenienza, lobbismo o consenso immediato. Eppure, l’idea di bene comune è una delle più nobili: implica equità, sostenibilità, coesione sociale. Perderla per strada, magari dietro a slogan vuoti o interessi particolari, è un tradimento verso la comunità tutta. Quando i cittadini percepiscono che ogni scelta è “inquinata” da interessi politici, cresce il cinismo e si riduce la partecipazione democratica. Inoltre, la mancanza di spazi e strumenti adeguati induce alla scarsa partecipazione che inducono il cittadino alla rinuncia di un confronto politico e al contributo attivo, creando un circolo vizioso di indifferenza e distanza. Quante volte abbiamo sognato una città diversa, per poi arrenderci all’idea che nulla cambierà? Abbiamo messo sul tavolo tutto: dai sogni sprecati alle ingiustizie mascherate di normalità, fino alla politica che ha perso il contatto con la reazltà. Questa trilogia è un invito chiaro. O si partecipa o si subisce. La città non cambia da sola. Tocca a noi. Tocca a te. |
PUBBLICATO 06/07/2025 | © Riproduzione Riservata

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