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I Carmina Burana, la luna e il femminile

Foto © Acri In Rete
Gaia Bafaro
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Da ieri nel nostro cielo è visibile una splendida luna piena. Anticamente, i popoli pre-cristiani erano soliti attribuire alla luna piena, visibile ogni mese, dei nomi che racchiudessero delle informazioni su quello che avveniva in un determinato periodo dell’anno . La luna di Gennaio, ad esempio, era nota come “Luna del Lupo” poiché durante le fredde notti invernali la famiglia si stringeva accanto al fuoco e, mentre la neve copriva ogni cosa con il suo mantello, si udiva riecheggiare nella vallata il tetro canto dei lupi che vagavano nei boschi alla ricerca di prede. A riguardo dell’astro esistono vari miti o leggende e diversi furono gli autori ad essere ispirati dall’astro d’argento. Oggi ci soffermeremo sui “Carmina Burana” che possono definirsi: allegoria della Luna. I Carmina, sono un’opera del tardo Medioevo scritta dai Clerici Vagantes che apparentemente evocano spensieratezza e sensualità in un gruppo di giovani che però, da quanto emerge dal testo ricco di allegorie e metafore, si oppone alle ipocrisie ed alle corruzioni dei propri tempi. Il nome della raccolta, composta da testi prevalentemente latini e tedeschi, letteralmente è “Canzoni Profane” ed alla composizione dell’opera parteciparono tra i più grandi nomi della lirica cortese tedesca tra i quali : Walther von der Vogelweide; Reinmar von Hagenau. Sebbene ogni opera in teoria doveva essere musicata, dagli amanuensi apprendiamo solo trenta notazioni musicali ma, grazie al reperimento di melodie e manoscritti coevi, si sono recuperati ben quarantasette canti. I ritmi sono vari: popolari; raffinati e anche Gregoriani. Fu proprio il compositore Carl Orff a rendere celebri i Carmina Burana e famoso è il carmina “ Fortuna Imperatrix Mundi” dove protagonista è la luna dalla natura volubile e capricciosa proprio come la Fortuna. Nel testo di questo Canto è visibile come sia l’astro ad influenzare la sorte dell’uomo: “ O Fortuna sei mutevole come il corso della luna e cresci e cali senza sosta; la vita odiosa che mi imponi ora snerva ora aguzza la mia mente con il gioco alterno della sorte …” Vi sono poi altri riferimenti alla luna nei Canti Profani, ad esempio quando in un passo si legge: “La cristallina fiaccola di Diana” metafora per indicare la luna illuminata dal sole che si trova anche con l’espressione riferita alle due divinità degli astri (Diana e Apollo) : “Accesa dalla Rosea luce del fratello”; Si parla anche della luna come una fanciulla: “ Il suo splendore riflette la luminosità del sole” e ancora: “Cuius lumen a Phoebea luce renitet” verso in cui gli studiosi hanno individuato il termine di Eloisa, da interpretarsi come il femminile di Elio (Sole) e dal significato di : “Fulgida come il sole”. Ancora nei Carmina Burana la luna è associata alla Dea Venere, in un passaggio è scritto: “Accetta questo fiore simbolo d’amore”, il fiore è la rosa allegoria del femmineo per la sua forma a calice ma anche manifestazione del sesso femminile e della luna stessa che viene “fecondata” dai raggi solari. Questo riferimento erotico è da intendersi come la naturale inclinazione delle energie solari e lunari (maschili e femminili) ad attrarsi. Dunque, nei Carmina Burana vi è sicuramente una forte denuncia alla politica, alla Chiesa ed al potere del XII-XII sec , tuttavia nei testi la luna resta protagonista indiscussa come metafora della divinità femminile, dell’eros che genera vita e di mutevolezza delle cose, rendendo i Canti Profani uno dei testi più simbolico ed esoterico di tutti i tempi.

PUBBLICATO 18/01/2022 | © Riproduzione Riservata





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