I draghi e le fanciulle
Gaia Bafaro
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Le fiabe di tutto il mondo raccontano spesso di splendide fanciulle prigioniere di temibili Draghi. In virtù del fatto che nel cuore di ogni leggenda si cela la verità, credo che il ripercorrersi di tali topoi letterari sia un modo per gli autori di denunciare la condizione della donna, vittima di violenze e soprusi da parte di parenti o mariti, reclusa dalla società, in attesa di essere salvata o, comunque, talmente astuta da riuscire a convivere con le “bestia”, rendendola talvolta docile e servizievole. Nella simbologia, il drago incarna il male ed il potere ed è rappresentato come guardiano dei tesori materiali o spirituali, infatti, è tale animale fantastico a custodire il cuore delle principesse che possono essere salvate solo da un nobile cavaliere. Esso evoca le forze inconsce, brutali, quelle che l’Io domina per riuscire ad elevarsi, le stesse che l’uomo deve mettere da parte per imparare ad amare e rispettare una donna. Gli autori delle favole da sempre hanno rappresentato personaggi femminili reclusi non solo dalla figura del drago ma anche da orribili orchi o dal temibile Barbablù. Quest’ultimo è una lampante manifestazione della pericolosità di talune sfaccettature del rapporto uomo- donna, infatti, le sue numerose mogli venivano uccise e rinchiuse a chiave in uno stanzino, sparivano sotto gli occhi di tutti, in una comunità che, come ancora oggi e troppo spesso accade, finge di non sapere nulla e continua egoisticamente ad ignorare gravi situazioni. Secoli addietro, in Asia ed in Europa si riteneva che i Draghi vagassero liberi e che ogni tanto richiedessero, alla comunità, splendide fanciulle in sacrificio affinché si potesse placare l’ira selvaggia della bestia. Ovviamente, il “dono” avveniva lontano dalla comunità e le donne erano legate a scogliere o ad una roccia fuori dall’abitato ( Si pensi ad Andromeda). Anche questo aspetto trovo estremamente attuale: quante donne abbiamo consegnato in pasto ai mostri? Quante ancora ne consegneremo? Il tacito assenso di una società (che conosce e fa finta di non vedere) porta tutt’oggi le “fanciulle” fuori dalla città per consegnarle in pasto alla bestia, abbandonandole egoisticamente al proprio destino. Un’ulteriore rappresentazione della brutalità dei draghi, simile a quella degli uomini, ci viene mostrata dal mito di Apollo che uccise Pitone (Una sorta di gigantesco serpente) per aver violentato la madre. Le leggende però, mettono in risalto anche il coraggio, la forza e l’astuzia delle donne che riescono talvolta a tenere a bada i mostri, a soggiogarli e sconfiggerli. Ad esempio, lungo le coste della Germania, si narrava di una principessa catturata da un drago marino che, grazie alla conoscenze delle erbe, riuscì a farlo cadere addormentato fino a quando venne salvata. Si dice che Il più grande astronomo la trovò, il più abile ladro la rapì e il più bravo cacciatore uccise il mostro. In Russia invece, in un palazzo dagli esotici profumi, viveva attorniata da Draghi e serpenti una strega chiamata Marina che amava sedurre uomini per trasformarli in porci e farli divorare dalle sue bestie. In Francia, un’affascinante fata cavalcava un Drago per soggiogare giovani ed ucciderli subito dopo, mentre in Serbia, una ragazza fu così coraggiosa da catturare un Drago che però riuscì a liberarsi e venne, a sua volta, fatta prigioniera per sempre. Leggendo attentamente tra le righe di queste leggende, si possono dedurre le molteplici sfaccettature del rapporto uomo/donna e quello che emerge è una figura che anche quando gioca o si serve dei draghi, rischia di rimanerne vittima. Infine, esistono narrazioni dove sono le donne stesse a tramutarsi in Drago, come nel caso di Margaret di Bamburgh che venne salvata , riacquisendo sembianze umane, dal bacio del fratello. Anche in questa storia, la chiave di lettura è semplice ed attualissima: qualche volta siamo noi donne a tenerci prigioniere, diventando nemiche di noi stesse.
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PUBBLICATO 08/03/2022 | © Riproduzione Riservata
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