La barchetta di un pescatore
Manuel Francesco Arena
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Giù al molo, la sua vecchia barca che aveva soprannominato Mirella in onore di una ragazza che da giovane nel suo segreto aveva amato, era lì ad attenderlo come addormentata nella foschia che densa saliva da un mare colorato dal rosso fuoco dell’alba.
Con uno slancio atletico, in barba alla sua età, ci saltò su senza particolari problemi. La Mirella, la barca a remi che rappresentava un’intera epopea familiare visto che in passato era stata di suo nonno prima e di suo padre poi, dapprincipio c’era da dire non aveva nome. Rodolfo l’aveva ribattezzata in quel modo solo una quindicina di anni addietro. Praticamente non appena seppe con gran dolore che Mirella, la ragazza amata platonicamente in gioventù senza aver mai il coraggio di dichiararsi per paura di essere rifiutato, era morta in terra tedesca. La cosa nonostante lo aveva rattristato non poco all’epoca, non aveva fatto sì che in lui affiorasse nostalgia o rimorso. La considerava troppo bella ed inarrivabile dopotutto per mettersi con uno “brutto” come si credeva egli. Quindi, tanto valeva tenerseli per se le sue emozioni, lasciandole correre in avventure immaginarie e tristi, ma senza retrogusti. Mirella che per la verità nel suo cuore mai era realmente morta, tramite la barca aveva continuato ad esistere anche materialmente. Come fosse il più struggente poeta romantico, prima di scrivere quel nome sul lato destro della barchetta allora colorata di un bianco triste ed opacizzato dalla salsedine, aveva pensato bene di verniciarla di un altro colore. Aveva voluto dipingerla di un rosso vivo ed intenso. Un rosso come l’amore, la passione e la felicità. Rosso come l’alba ed il tramonto. Rosso come il vestito della lunga festa della vita che balla sempre in precario equilibrio con un piede sul precipizio della morte, come fa un ape su un fiore. N.B. Questo brano è tratto dal mio romanzo “Lì, dove il mare è più blu” pubblicato da Falco Editore nell’anno 2019. |
PUBBLICATO 15/03/2025 | © Riproduzione Riservata

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