A spasso con l’autunno
 
             
				  Manuel Francesco Arena
 
					
					| E passeggiando tra strade di campagna un pomeriggio di fine ottobre, ho sentito che qualcuno mi sfiorava amichevolmente su di una spalla come a voler chiamare la mia attenzione. Quando mi sono voltato, ho notato che mi era affiancato un uomo dal viso pallido e melanconico, un po' in là con gli anni.  Inutile azzardare realmente quale età potesse avere costui, era impresa assai ardua indovinarla. Aveva i capelli del colore delle castagne o dei porcini giovani appena usciti dalla terra, con punte sfumate di giallo, di rosso e d’arancione assieme ad un impercettibile tocco di verde. Il suo profumo inconfondibile sapeva un po' di agrumi, un po' di caldarroste ed un poco persino del fumo di un focolare acceso dove bruciano ciocchi resinosi di pino. Addosso aveva invece un un cappotto nero lacero dal troppo uso, ma non troppo pesante per la verità, che lasciava intravedere da sotto il bavero un maglioncino in filo di Scozia. La sua voce assai evocativa, era un po' triste da cantante di teatro e nello stesso romantica da personaggio romanzesco. In essa un orecchio attento non avrebbe fatto fatica a riconoscere qualcosa di simile al fischiar del vento ed agli scrosci di una leggera pioggia, di quella che cade per consolare l’arsura della terra dopo la lunga estate bollente. Lo so, a pensarci ora a voi che state a leggere questa storia, così come parse allora pure a me, questo personaggio può sembrare abbastanza bizzarro, ma eppure è fatto proprio così come ve lo sto a raccontare. Semmai qualche volta lo troverete vagando per boschi, valli, solitari parchi di città, colline o montagne ve ne accorgerete. Tutto ad un tratto questi, con una delle sue dita magre e storte come i rami della quercia, mi indicò a mezza voce il panorama della faggeta che si stagliava dinnanzi a noi e con la sua parlata fischiante da vento di levante mi disse: - Salve caro amico. Lo so che ti sembrerò un po' un vecchio matto fuori dal tempo, perciò concedimi di presentarmi. Io sono l'artista a cui Dio ha commissionato questo panorama che vedi qui davanti. Sono il marito della Primavera. Io sono il signor Autunno, la stagione più colorata e fantasiosa che c'è. Al che mi porse la mano. Una mano grigiastra e nello stesso umida come, fosse fatta di nebbia. Poi da una delle tasche del suo cappotto lacero e sporco di macchie colorate, prese della polverina magica scintillante, la gettò in cielo e fu subito il tramonto. Lì sembrò veramente soddisfatto! Finalmente mi condusse per la strada colorata dall'ultimo sole chiuso in un silenzio quasi religioso se non addirittura mistico. Camminava a passo veloce con il suo sigaro mezzo toscano che mai dalla bocca si era tolto per tutto il tempo. A quell’ora ancora le ghiandaie ed i pettirossi volavano e cantavano allegramente all’ultimo sole. Solo allora realizzai che stavo camminando accanto all'autunno. Chissà se era realtà oppure stavo solo sognando. | 
PUBBLICATO 25/10/2025 | © Riproduzione Riservata
 
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