C’è ancora speranza per Acri
Manuel Francesco Arena
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Sebbene le giornate sono corte, il pomeriggio è ancora illuminato dall’ultimo sole. Vago a piedi senza meta per le vie centrali di Acri. È bello prendersi anche solo una mezzora e dedicarla a sé stessi con un po' di movimento: va bene pure una semplice camminata. Di tanto in tanto trovo qualche volto amico. Mi fermo, chiacchiero un po’ volentieri. Quando riprendo la marcia però un pensiero prende vita in me nella brezza che precede la sera. Ovvero, non so come iniziano a balenarmi in mente i vari commenti che hanno come protagonista Acri negli ultimi tempi su Facebook. Tanti di questi mi fanno dispiacere perché sono pieni di livore. È vero, molte cose non vanno qui, sarei ipocrita a dire il contrario, tuttavia le criticità sono in tutti i posti perché i luoghi ideali secondo me esistono solo nella letteratura e nella cinematografia. E’ bene sottolineare ciò che non va’, sono il primo a farlo, ma a forza di focalizzarci solo sui difetti si finisce per perdere d’occhio i pregi come purtroppo sta accadendo sempre più. Sui social c’è il mondo collegato e la cartolina che consegniamo ad essi, è quella che classifica poi la nostra città altrove. Quindi qui nasce il nocciolo della questione. Ma qualcuno veramente la vede così brutta e ci vive così male ad Acri? Paragonato con tanti altri luoghi, il sottoscritto si sente fortunato a vivere qui. Prima di darsi alla critica non costruttiva, credo bisogna porgersi due minime domande. Ovvero, in che direzione stiamo andando noi nel nostro piccolo affinché qualcosa migliori e cosa stiamo facendo di concreto? Solo a parlar male non si va da nessuna parte. Forse è arrivata l’ora di concentrare le nostre energie per mettere in campo idee nuove, utili a rendere il posto in cui viviamo migliore anziché sprecarli in vaghi piagnistei. Prima di tutto a mio modesto avviso, bisogna superare le distanze e mettere da parte la politica per tornare ad essere la comunità coesa che eravamo un tempo. C’è bisogno di remare tutti nella stessa direzione perché divisi non si va da nessuna parte. C’è bisogno di costruire ripartendo da ciò che resta invece di continuare a disfare anche quel poco. C’è bisogno di dare un’immagine veritiera della nostra città, ovvero quella di una città piena di umanità sospesa tra monti e mari resa viva dalle nostre piccole vite, anziché quella di un posto tristo, tipo la Dublino di James Joyce di inizio ‘900 come in molti purtroppo fanno. Bisogna farlo per rispetto di chi in questo luogo vive 365 giorni l’anno, ci crede fortemente, lo ama ed ha deciso di restare in maniera spassionata alzandosi le maniche senza aspettarsi di ricevere nulla in cambio, a volte nemmeno un semplice grazie o un piccolo incoraggiamento. Intanto in queste riflessioni la camminata è terminata. Fra poco i lampioni si accenderanno nella notte novembrina. È autunno ma sembra già arrivata la primavera. Mentre la Torre Civica di Padia spia bonaria il panorama dall’alto, Piazza Matteotti riflette un cielo rosso e si sa che rosso di sera, bel tempo si spera.
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PUBBLICATO 08/11/2025 | © Riproduzione Riservata
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