A proposito di biliardo…


Matteo Gattabria

Ho letto che il compaesano Ernesto Pugliese ha conquistato l’accesso alla fase finale del Campionato Regionale di 1° categoria – Calabria, prevista per i prossimi giorni.
Nell’articolo è anche scritto che il campione acrese ha intenzione di aprire una sala biliardi in paese. Ho accolto con piacere queste due notizie; di seguito spiego il perché. Chi scrive è figlio del più forte, credo senza discussione alcuna, giocatore di biliardo che si sia mai visto ad Acri. Mio padre Pasquale, come molti della mia generazione e di quella passata ricorderanno, ha infatti estasiato i tanti spettatori che, quando il biliardo era ai massimi splendori – parlo quindi degli anni 90, affollavano le sale biliardo (ne ricordo 3) del nostro paese. Una passione, la sua, nata sin da bambino. Papà mi raccontava infatti che, appena 15enne, marinava la scuola e andava a Cosenza a giocare al King of Kings, peraltro, per uno strano gioco del destino, il club dove gioca adesso il Pugliese. Mi diceva che, con le sue vittorie, si procurava le sigarette per lui e i suoi amici. All’epoca il biliardo era visto come un gioco losco, coperto da una cappa fumosa tanto quanto lo erano le sale ove non vigeva ancora il divieto di fumo. Se non sbaglio giocò al biliardo fino a quando restò aperto il Bar Meringolo, nella piazza Vittorio Emanuele III, gestito da suo zio. Poi ad Acrì il biliardo sparì per anni fino a ricomparire alla metà degli anni 80. Sul finire di quel decennio ci fu anche l’avvento del tavolo internazionale (senza buche) che è lo strumento di gioco del biliardo attuale. Mio padre vinceva tanto. In casa ho tutti i suoi trofei accanto alle mie sole, per adesso, tre coppe. Con alterne fortune cerco infatti di imitare le sue gesta sul tavolo verde. Credo non riuscirò mai a raggiungere la sua classe infinita, la sua eleganza nello “stare sul biliardo”. Ho sempre pensato, avesse vissuto in un contesto in cui poteva migliorarsi confrontandosi con giocatori più forti, che sarebbe potuto essere un campionissimo. Doti naturali, la stecca come naturale continuazione del pensiero prima, del braccio poi. Così non è stato. Papà non ha solcato piazze importanti, non ha partecipato a tornei prestigiosi. Io, al contrario, ho la fortuna di vivere e quindi giocare a Milano. Città dove il gioco del biliardo è molto praticato. Ho la possibilità di assistere a partire tra giocatori di alto livello, a volte anche la fortuna di giocarci contro. Fortuna sì, perché, in questo modo, si impara tanto, per questo ho ammirazione per Ernesto Pugliese. Pochi sanno quanti sacrifici impone questo splendido gioco. Tempo per allenarsi rubato alla famiglia, agli amici e ad altre passioni. Ancor di più nella nostra amara terra. Perché immagino le poche opportunità di gioco che si hanno. Al contrario, molti sono i chilometri per fare le varie gare. Tenacia, costanza, sono quindi necessarie per migliorarsi. Per porsi degli obbiettivi. Quindi non posso che fare il mio più sincero in bocca al lupo ad Ernesto Pugliese per le prossime finali. E ancora di più se deciderà, come sembra, di aprire una sala biliardo in paese. Denota coraggio, soprattutto in un periodo buio come questo. Anche, e aggiungo purtroppo, per il mondo del biliardo. Il biliardo è un gioco bellissimo e l’idea di promuoverlo attraverso un’associazione non può non essere vista come una bella cosa. Einstein affermò: “"Il biliardo costituisce l'arte suprema dell'anticipazione. Non si tratta affatto di un gioco ma di uno sport artistico completo che necessita, oltre che di buona condizione fisica, del ragionamento logico del giocatore di scacchi e del tocco del pianista da concerto." ( Albert Einstein) Penso che questo pensiero riassuma perfettamente cosa è il tavolo verde. Un saluto ad Ernesto ed ancora un grosso in bocca al lupo! |
PUBBLICATO 09/06/2016 | © Riproduzione Riservata

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