Opinione Letto 2169  |    Stampa articolo

Unione di Centro.

Angelo Montalto
Foto © Acri In Rete
"A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini supremi della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme, propugnino nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà". Luigi Sturzo.

Egregio Direttore,
sull'appello di Don Luigi Sturzo rimembrato, si è tenuto a Todi, nei giorni 20 e 21 febbraio, il settimo seminario nazionale di cultura politica della Fondazione Liberal Popolare dall'evocativo titolo :"Dove sono oggi i liberi e forti?".
La domanda, alla quale il seminario ha inteso dare un principio di risposta, è nata dall'esigenza, o per meglio dire dall'ineluttabilità storica, di rivedere, alla luce delle trasformazioni politiche del sistema italiano nell'ultimo ventennio, quale progetto politico possa corrispondere alle speranze di un quadro di relazioni individuali e collettive che possa dare un futuro alla nostra "Nazione".
L'incontro ha evidenziato l'assoluta necessità di superare l'attuale bipartitismo, per approdare ad un nuovo sistema di rappresentanza (dell'alternanza), capace di delineare un vero modello democratico di gestione della cosa pubblica.
In questo contesto, la domanda posta è stata chiara: possono gli attuali soggetti politici maggiormente rappresentativi dell'elettorato italiano, PDL e PD, garantire un futuro di governabilità "democratica" per la nostra nazione?
La risposta, naturalmente articolata, ha avuto un suo punto fermo.
Nessuna delle due forze politiche fautrici del sistema bipartitico ha il vigore di guardare al futuro con un progetto di stabilità, e ciò per diverse ragioni.
Se infatti il PDL ha il suo collante nel Presidente Berlusconi, il quale scongiura, ad oggi, l'implosione del nascituro partito, le cose sono dissimili nel PD che, perso ormai il treno della leadership forte, ha ancora evidente necessità di delineare la base dei valori ai quali attingere per un'azione politica efficace e coerente.
Ciò è dato dall'evidente contraddittorietà delle sue anime.
Un elemento ha caratterizzato, però, le due proposte politiche: entrambe hanno dato vita ad una "democrazia delle oligarchie".
In questo contesto storico, nella quale si è registrato il completo fallimento della Seconda Repubblica che ha finito per mettere in archivio i concetti di "interesse generale" e "bene comune", emerge uno spazio politico nuovo, uno spazio nel quale uomini liberi e forti possono aprire un nuovo tempo per la Repubblica.
Un tempo nel quale prevalga la "ricostruzione dei valori fondativi della Nazione": l'interesse generale e il bene comune come esclusiva finalità dell'agire politico, la competenza, lo spirito di servizio, il senso dello Stato come modello di selezione della classe dirigente, il ruolo dei "corpi intermedi" nella gestione della cosa pubblica, la partecipazione popolare come motore della via associata, il dovere di guidare eticamente e politicamente il Paese, la democrazia nei partiti e nei sistemi elettorali come unica garanzia di libertà per tutti gli eletti e per tutti i cittadini, la centralità del Parlamento come sede legittima della formazione dell'interesse pubblico.
Simile spazio politico è tanto schiuso all'orizzonte, quanto arduo è il compito di riuscirlo a coprirlo.
Per raggiungere la meta, vi è la necessità di prendere le mosse dai valori forti quali la centralità della persona, della tutela della sua dignità contro ogni forma di abuso pubblico e privato, ricordando che solo la partecipazione democratica, ai vari livelli, tanto più a livello della vita del partito, può dischiudere quell'orizzonte al quale si può e si deve guardare.
Il rischio che si corre è quello di vivere in una democrazia senza partiti, dove il leaderismo connesso comporta una inevitabile quanto dannosa conseguenza: trasforma la democrazia in oligarchia.
Questo è ciò che è emerso dall'esperienza politica nazionale del ventennio trascorso.
Vi è il bisogno, quindi, che si trasforma in opportunità, di procedere da un modello di partito aperto, che abbia un costante riferimento dialettico con la società, che sappia sfruttare le risorse umane insite nella stessa, che abbia nella sussidiarietà, orizzontale e verticale, un principio ispiratore della sua azione.
Sono questi i punti cardine, e da tali non si può e non si deve prescindere.
Si è pertanto avviato a Todi, con la presentazione del suo manifesto, il processo di nascita dell'Unione di Centro, un grande partito di ispirazione cristiana e liberale, laico e moderato, un "partito che rimarrà al di là delle persone" come ha affermato il Presidente Pier Ferdinando Casini, un partito per il cui processo formativo sono chiamati i liberi e forti, i quali dovranno con "pazienza, umiltà, coraggio ed intelligenza" portare a conclusione un compito arduo e irto di ostacoli.
È evidente la difficoltà del progetto, ma se, persistendo con convinzione, si riuscirà a realizzarlo, i meriti non andranno agli uomini che vi hanno concorso, bensì alla Nazione.

PUBBLICATO 24/02/2009

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