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Auschwitz…. “emozioni di un uomo sopravvissuto”

Andrea Siciliano
Foto © Acri In Rete
Il 22/02/09, muore A., un uomo di 92 anni deportato ad Auschwitz nel maggio del 1944.
Ebbi la fortuna di incontrare A. all'inizio di settembre del 2008, era il nonno di un bimbo che seguivo durante la mia attività lavorativa.
Si trattava di un uomo di corporatura piuttosto alta e robusta che portava nel suo volto segnato dal tempo i segni dei suoi drammatici vissuti.
Lo conobbi durante un colloquio in cui parlammo di suo nipote nel corso della mia attività di assistente sociale.
Immediatamente iniziò a parlare dei suoi trascorsi e solo successivamente mi resi conto che l'uomo che avevo di fronte aveva vissuto un esperienza tanto forte e scioccante quale quella del "deportato".
Facente parte delle forze della "resistenza", fu catturato in alta montagna nella primavera del 1944, per essere trasportato, in un primo momento in un caseggiato dove venne a lungo interrogato, minacciato e percosso; e per essere in seguito "caricato" su un treno insieme ad altre centinaia di persone con le quali, dopo un viaggio di sei giorni, raggiunse in condizioni di viaggio disumane "bevevamo pipì per dissetarci" il campo di concentramento di Auschwitz.
"La cosa che mi colpì di quel viaggio, non solo furono le condizioni disumane, ma soprattutto il fatto che le persone che ci trattavano come se fossimo delle bestie, erano uomini, altra divisa, altra lingua, ma pur sempre uomini come noi. In quel viaggio mi sentivo solo, di una solitudine che annullava l'anima, i miei pensieri erano vuoti, mi chiedevo se mai più avrei rivisto la mia famiglia. Giunsi ad Auschwitz di sera e, all'istante, mi resi conto che quello era l'Inferno. Il ricordo più vivo che mi è rimasto di quel primo momento, sono delle torrette con le guardie, i cani con la scritta SS e la rete di recinzione…… Fummo rinchiusi in delle baracche, deprivati degli effetti personali, rasati a zero e messi sotto l'acqua gelida perchè ci lavassimo. Il giorno seguente fummo marchiati a caldo con dei numeri e da quel momento, il mio essere uomo cessò di esistere: ero diventato un essere privo di senso deprivato in un solo istante della mia umanità, della mia libertà nonché dei miei pensieri e dei miei ricordi. L'altra cosa che mi rimase impressa e che continuo a sognare ancora oggi nei miei incubi peggiori, è l'odore nauseabondo e raccapricciante di carne umana bruciata che emanava il camino del campo di concentramento."
Mentre lo ascoltavo, un brivido mi corse lungo la schiena: attraverso i suoi racconti dei flash del suo tragico vissuto si imprimevano con forza nella mia mente. A tratti non riuscivo a guardarlo negli occhi, tanta era la commozione che provavo, ricordo di aver chiesto più volte un bicchiere d'acqua perché avevo la gola secca. Erano emozioni troppo forti anche per un semplice ascoltatore e mi chiedevo in quei frangenti che cosa ci facessi io in quel luogo, con quella persona e perché proprio io stessi rivivendo di riflesso quell'esperienza così toccante. Di fronte a questo anziano, mi sentii piccolo, piccolo e mi sono chiesto dove un essere umano possa arrivare con la sua ferocia e la sua cattiveria e come possa esprimere il suo lato peggiore e più malvagio.
Chiesi a me stesso, per cosa valga la pena vivere, se non per quelle piccole cose che ci circondano, che alle volte diamo per scontate semplicemente per il fatto che le percepiamo come qualcosa di "dovuto".
Forse vale la pena vivere semplicemente per alzarsi la mattina e per vedere ancora una volta il sole alto nel cielo, o per gioire per la nascita di un bambino o semplicemente per poter passeggiare liberamente tra la gente sentendosi vivi.
Ancora oggi a distanza di mesi, ritornando a casa, nel ricordo del signor A., mi metto in discussione e mi chiedo cosa potrei fare io per essere un uomo migliore e comunque, da quei momenti il mio modo di pormi agli altri e alla vita è forse cambiato definitivamente.
In un secondo momento mi raccontò di come le carcasse umane venissero bruciate dalla mattina alla sera….
"Un giorno, mi ritrovai a trascinare un uomo ancora in vita verso la morte, oltre quella porta, infatti, si bruciavano uomini. Sono stato giornate intere senza mangiare, ancora oggi, nel cuore della notte, odo le urla strazianti che riempivano i silenzi di quelle notti. Giorno per giorno assistevo alla morte dei miei compagni e mi chiedevo quando sarebbe stato il mio turno…, ma questo era il male minore del vivere in quel modo. In seguito fummo trasportati a Pordoff, dove le cose andavano anche peggio, se si poteva….: venivamo spesso malmenati e ci facevano lavorare lungo dei binari. La cosa paradossale era che la crudeltà dei Tedeschi era proporzionale alla nostra speranza di libertà: più ci facevano del male e più ci sentivamo vicini alla libertà…
Una sera fummo trasportati e rinchiusi in un granaio…, la mattina seguente non ci svegliarono nel solito modo e capimmo …. Capimmo che erano arrivati i Russi: eravamo di nuovo liberi.
"
Ora io mi chiedo:-Può un essere umano che ha subito il più terribile degli scempi, la deprivazione totale della sua umanità, può un essere umano tornare libero?-
- Credo esista un punto di non ritorno dal quale non si rientra più…. E il fatto che questo piccolo, grande uomo, dopo 60 anni continuasse a voler liberarsi dei suoi ricordi terribili raccontandoli, mi ha confermato in qualche modo questa mia supposizione…

In memoria del signor A.

PUBBLICATO 27/02/2009

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