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“Il corteo si fa ma la banda da forfait”: Lettera aperta.

Gaetana Falcone
Foto © Acri In Rete
C'è una sottile ma profonda malinconia, che colpisce chi come me vive una vita emozionale più che strategica.
E' la malinconia che invade l'essere di fronte a situazioni apparentemente banali, ma che, tuttavia, arrivano all'anima e la feriscono, violandone l'amor proprio; la dignità stessa della PERSONA, prescindendo dal sesso, dalla razza, dalla religione, dal ceto sociale, e tanto più, dal credo politico.
Leggevo l'articolo "Il corteo si fa ma la banda da forfait", sul "nostro quotidiano acrese", con il compiacimento e la stima crescente, che nutro verso questi operosi ideatori del sito "ACRINRETE".
Capisco il dovere della cronaca al quale ogni giornalista deve obbedire. E credo di comprendere anche quante volte a questo dovere non corrisponda il piacere di farlo. Immagino che questa sia stata una di quelle, per il nostro cronista. E' umiliante dover raccontare, quanto leggere l'accaduto.
Ci sono piccole cose che rendono l'idea della civiltà, della tradizione e della cultura di una comunità. La banda musicale ad es., che caratterizza eventi popolari, dando un senso profondo di appartenenza e di orgoglio. Tanto più in una giornata importante e sentita qual'è quella del 4 Novembre.
Da qui il mio senso di amarezza e di sconforto: "ACRINRETE", non è un sito locale, anzi, ormai ha varcato di gran lunga anche i confini nazionali, essendo visitato e dunque letto anche all'estero. Ebbene, mi chiedo e vi chiedo: Avranno provato il medesimo disagio leggendo tale notizia anche nostri concittadini lontani? Che immagine diamo della nostra comunità, della nostra gente, se non riusciamo nemmeno più ad adempiere ad una celebrazione tanto antica e radicata? Era così difficile trovare 1000 euro? Perché poi in fondo, tanti sarebbero potuti inizialmente bastare, racimolandoli anche attraverso un'improvvisata raccolta paesana. Quale cittadino acrese non avrebbe contribuito?
Sebbene in questo caso, non sia il prezzo, semmai il valore ad esser considerato.
Aldilà del concorso di colpa tra chi amministra la città, chi dirige una banda, o degli stessi musicisti, ciò che ferisce è l'anemia di amor proprio, di senso di appartenenza e di orgoglio civico.
Ed ecco dunque che, per empatia, avverto anche l'amarezza che sicuramente sente il cronista nel riportare alcuni i fatti. Penso però che (sempre in obbedienza a quello spirito emozionale e non strategico, di cui sopra) a volte, il non riportarli, non ci fa più negligenti o meno operosi, ma solo più rispettosi custodi di verità che a pubblicarle, feriscono più che a tacerle.

PUBBLICATO 06/11/2009

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