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Ospedale, resta solo tanto caos.

Piero Cirino
Foto © Acri In Rete
La quasi chiusura del reparto di Ginecologia, ridotta da quindici posti più uno a quattro di degenza ordinaria più due in day hospital, ha riportato al centro del dibattito politico (si fa per dire) il tema del futuro dell'ospedale cittadino.
Il Partito Democratico, anche in considerazione della chiusura del punto nascita, ha chiesto le dimissioni del sindaco. Quest'ultimo continua a ripetere che il nosocomio cittadino non solo non chiuderà, ma verrà addirittura potenziato.
Lo diceva anche qualche giorno prima dell'01 maggio, aggiungendo che a quella data il punto nascita non sarebbe stato chiuso. E invece...
Il governatore Scopelliti, a più riprese, aveva ricordato che comunque sarebbe stata garantita la possibilità di partorire in emergenza, anche in considerazione delle oggettive difficoltà determinate dalle condizioni del sistema di comunicazione.
Per un periodo è stato così, quindi la doccia gelata della delibera del commissario dell'Asp, con cui è avvenuta la riorganizzazione di Ginecologia dallo scorso 1 luglio.
La drastica riduzione ha portato conseguenze immediate, con lo spostamento in altre strutture di gran parte del personale e relativa confusione con medici il cui futuro sembra essere ancora nella palla di vetro di un sistema che dovrebbe garantire la pubblica sanità e invece ingenera insicurezza e preoccupazioni.
Di quel personale rimangono solo tre ginecologi, due ostetriche e, al momento, un primario senza reparto.
A fronte dell'ostentato ottimismo del sindaco Gino Trematerra, che non ha ancora spiegato perché è stato chiuso il punto nascita nonostante lui dicesse il contrario, vi sono le preoccupazioni balbettate dalle opposizioni.
Al momento, infatti, gli unici dati ufficiali dicono che quello di Acri sarà un ospedale di montagna, con una decisa riduzione delle prestazioni erogate e un dratisco ridimensionamento.
Queste cose il gruppo consiliare del Partito Democratico nei giorni scorsi le ha dette in una conferenza stampa e le ha messe alla base della annunciata richiesta, l'ennesima, di un consiglio comunale aperto sulle sorti dell'ospedale.
I tagli, avvenuti con l'ottimismo del sindaco e gli errori delle opposizioni, hanno prodotto un diffuso senso di pessimismo anche tra gli addetti ai lavori, oltre che nei cittadini. Questo fa dire che "è tardi per muoversi", con un senso di rassegnazione che non è nel dna di una comunità abituata a sudarsi ogni conquista di civiltà con lotte memorabili.
Non è mai tardi per rivendicare un diritto sacrosanto, magari cominciando da una discussione, anche in un consiglio comunale aperto, in cui intanto far spiegare al sindaco perché è stato chiuso il punto nascita, al di là della favoletta della richiesta dell'associazione nazionale dei ginecologi, quindi chiamando a raccolta tutte le energie della società civile che crede non sia troppo tardi per continuare a curarsi ad Acri.


Fonte: "Il Quotidiano della Calabria" del 11-07-2011.

PUBBLICATO 11/07/2011

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