RELIGIONE Letto 1756

Speranza


Foto © Acri In Rete



Dalla sera di Pasqua siamo stati raggiunti dalla Parola divina che ci ha donato la gioia che promana dal Cristo Risorto, il Dio vivente che ha sconfitto – a vantaggio dell’intero genere umano – la morte ed il peccato; la comunità cristiana, abitata dalla grazia dello Spirito santo, è invitata a camminare – nella quotidianità – a testa alta, con la dignità filiale che gratuitamente ha ricevuto.
Il tempo pasquale ci consegna un sentimento, che – come emerge dalle narrazioni evangeliche – può abitare la vita umana, per farle percorrere le fatiche della storia con un pizzico di gioia e di pace in più: si tratta della speranza, una delle tre virtù teologali (insieme alla fede ed alla carità).
Verso la fine del racconto lucano scopriamo l’esperienza di due discepoli che tornano da Gerusalemme «col volto triste» (Lc 24,17b); essi avevano assistito alla crocifissione, morte e sepoltura del Signore Gesù: le loro attese messianiche erano svanite, erano state tradite (nel loro intimo, la delusione aveva preso il sopravvento). Il Figlio dell’uomo – da buon pedagogo – li affianca nel loro cammino, li interroga sui fatti accaduti, permette ad essi di fare un passo in avanti nella fede ed apre i loro cuori alla comprensione delle Scritture ed alla speranza; alla fine spezzerà, per loro e con loro, il pane eucaristico.
Paolo, nelle sue Lettere, ci consegna un ulteriore aspetto della speranza: essa indica l’attesa della gioia piena, quella del definitivo ricongiungimento dell’uomo con la Trinità; egli scrive in merito: «Anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo stati salvati» (Rm 8,23-24a).
L’Apostolo Pietro, invece, vede nella speranza la buona testimonianza che il cristiano è chiamato ad offrire a tutti coloro che incontra: «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1Pt 3,15).
In fondo, cosa potrebbe essere la speranza cristiana? Essa non è da confondersi con l’ottimismo: cioè, con una visione della vita e della storia avulsa da problemi, difficoltà e croci.
Vivere nella speranza significa riuscire a guardare gli eventi “in filigrana”, come da dietro ad un lenzuolo: non si è, dunque, nel pieno della luce; tuttavia, si può avanzare nel cammino e nella conoscenza. Siamo davanti alla stessa logica pasquale, quella di un Dio che risorge da morte: è glorioso, ma mantiene i segni della passione e della sofferenza.
La virtù della speranza può illuminare anche il nostro cammino quotidiano: tutti noi peregriniamo in mezzo a svariate incertezze (personali e globali), tuttavia scorgiamo all’orizzonte quella meta certa che è «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). E questo irrobustisce la nostra fede e la nostra umanità, e le conduce sulle strade della perseveranza e del bene.

PUBBLICATO 04/05/2022  |  © Riproduzione Riservata




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