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Sogno '95

Foto © Acri In Rete
Angelo Mustica
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Acri è come un sogno, che ci si arrivi dalla strada della frana o dalla galleria, benvenuti nella città di Sant’Angelo, il centro si stende sonnolento fra il verde e l’azzurro del cielo che copre le sue 160 frazioni per 18642 abitanti. Il grande sogno collettivo era un’utopia sansostiana che sarebbe seguita alla santificazione del Beato Angelo, flotte di fedeli e turisti avrebbero pregato mangiato e dormito, immesso nuova fede e nuovo denaro nei cuori e nelle tasche dei cittadini. Il sacrificio necessario è stata la demolizione di una scuola media (ricollocata) e del rosso piazzale antistante la basilica dedicata al Beato, sostituiti da un simil svincolo autostradale con parcheggi, un mezzo busto votivo donato da un’associazione. Tutto bianco.
Nel dedalo amministrativo della sanità della regione Calabria dev’essersi persa la comunicazione degli organi ecclesiastici poiché l’ospedale Beato Angelo non ha mai ricevuto la dovuta promozione onomastica e forse per questo, o come castigo per l’idolatria, la comunità viene punita con un incessante depotenziamento della struttura sanitaria. 
Acri, la mitica capitale della Pandosia, custode del terzo paradiso di Pistoletto.  La galleria era uno dei suoi sogni, realtà dopo tanti anni e staffette amministrative, come il palazzetto dello sport, agibile a giorni alterni e sede di sponsorizzazioni ed ipotetici eventi sportivi. 
Non tutti i sogni diventano realtà, uno di questi è il “Super carcere”, una struttura detentiva di massima sicurezza che sarebbe dovuta sorgere sull’altro versante della montagna, un luogo immaginifico visibile dalla Torre civica, rovina di un castello sulla cima della montagna. La torre e i rioni sarebbero stati raggiungibili dal purgatorio con un altro sogno irrealizzato, quello del trenino.
Lungo l’isola pedonale che va dalla chiesa dell’Annunziata alla fontana del Nettuno hanno sognato una penisola pedonale, un attraversamento per autovetture a tagliare il museo a cielo aperto, davanti ai locali che ospiteranno la nuova banca.
Un paese da sogno fatto da sogni e sognatori, in una città simile non c’è più un cinema perché è palcoscenico di una così vasta platea di attori registi critici e pubblico pagante da non aver bisogno della fiction.
Anch’io ho sognato, con un’intera generazione, in un Liceo sotto un traliccio dell’alta tensione, abbiamo sognato il sogno dell’istruzione, figli della generazione del sogno dell’ascensore che dal Calamo interrato ci avrebbe portato a Via Padula. Abbiamo sognato durante la manifestazione del 2011, gli striscioni, “Iamavanti”, i cori “Scendi giù scendi giù manifesta pure tu!”, “l’ospedale non si tocca”, la convinzione di poter cambiare qualcosa con il solo fiato che avevamo nei polmoni, fino a sgolarci. 
L’organizzazione nella palestra del Liceo classico, l’umidità scura mista alla polvere, lo strano calore e la tachicardia di partecipare alla vita pubblica, di poter essere qualcosa che non sei nemmeno in grado di immaginare. I sogni possono trasformarsi in speranze spezzate dall’indifferente succedersi degli eventi. Ora ti chiedono di manifestare, poi se ne dimenticheranno e ad un certo punto ti chiederanno il voto; dai frammenti del sogno ti venderanno una clinica privata con il sogno del lavoro e della salute.
Ti chiedono di manifestare ma non organizzano una discussione, non parlano di come si è arrivati a questo punto, non mettono a disposizioni spazi di aggregazione che sarebbero fondamentali per dibattere e proporre. Ti chiedono di fare e non importa di chi sarà il fallimento preannunciato, le conseguenze ricadranno comunque sulla comunità. Loro si beccano come galli, poi viaggiano, sognano di arricchirsi e il cittadino è qui, nei suoi 200,63 km². 
Non chiederti se a loro importa qualcosa della comunità, chiediti quanto importa a te. Loro non faranno mai nulla, tu cosa puoi fare? Sai parlare? Bene. Sai camminare? Bene. Sai suonare o disegnare? Meglio Qualunque sia la cosa che puoi fare, falla, parlane, aggrega, discuti, sbaglia, continua.
Non sei così inutile contro la marea che ti sovrasta. Non c’è traguardo se c’arrivi da solo. 

PUBBLICATO 26/03/2024 | © Riproduzione Riservata





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