Illuminati e illuminAzione


Giuseppe Donato

Se volessimo definire la difficoltà che si riscontra nel raccontare Acri, potremmo tranquillamente affidarci al rapporto contrastato e contrastante con la luce che caratterizza le magnifiche opere pittoriche di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, almeno a giudicare dagli sforzi lodevoli prodotti dalle locali realtà editoriali e sociali.
C’è chi si diletta a tuffarsi nel passato con sbiadite foto ricordo, chi fatica a restare al passo con le poche notizie intervallate a cervellotici comunicati stampa, chi ripiega sulle emergenze quotidiane e chi si adagia sugli allori di una vivace comunicazione dei tempi andati. Rattrista che non sia stata raccolta l’eredità redazionale dei forbiti cronisti ascrivibili alla sede di Acri dell’Archeoclub d’Italia: i quaderni pubblicati dal Prof. Giuseppe Fiamma e dall’Arch. Renato Catalano, testimoniano ancora oggi di un prezioso sapere per nulla gelosamente custodito anzi destinato a solleticare l’interesse degli appassionati di geostoria e archeologia riferibili alle nostre coordinate, unitamente alle opere della stessa collana edite dal Prof. Giuseppe Abbruzzo, abile ricercatore e piacevole narratore, a tutt’oggi sapientemente impegnato nel dispensare spassose pillole di saggezza frutto delle sue ricorrenti scorribande in mezzo a polverosi volumi ignoti anche al più scaltro fra i topi di biblioteca. Come fiumi carsici, poi, riaffiorano di tanto in tanto le meticolose ricerche condotte in quel di Serra di Buda dal Geologo Francesco Foggia e quelle di quanti hanno riversato le loro fugaci attenzioni sui ritrovamenti di Colle Logna, prima di inabissarsi e sfociare in tediose dispute su finanziamenti presunti o evaporati. Ma di giovani cantastorie capaci di raccogliere l’eredità del Padula e del compianto Giuseppe Antonio Arena si fa fatica a trovarne, eccezion fatta per gli occasionali tributi all’altopiano silano dell’eclettico Fabio Curto, capace di far vibrare le delicate corde dell’anima con le sue escursioni strumentistiche e canore sapientemente incastonate tra le conifere. È bastata una recente incursione del narratore e drammaturgo Angelo Gaccione (Pensieri di città. Luoghi e simboli) a sottolineare, ancora una volta, che troppo spesso soltanto chi vive fuori riesce a mettere a fuoco vizi e virtù dei borghi natii, superando visioni protezionistiche e voli pindarici. L’ennesimo invito da raccogliere per ricominciare dal basso, ripopolando l’agorà, inventandosi un nuovo modo di raccontare usi e costumi, percorsi e tradizioni, antico e moderno. Una brandizzazione non stereotipata del centro abitato capace di attirare le attenzioni di chi vuole visitare, anche soltanto per una giornata, un luogo che restituisca visivamente quanto abilmente descritto da novelli incantatori. Agli studenti, ai volenterosi, alle associazioni, ai commercianti, ai cittadini tutti tocca il compito di restituire luce al luogo vivo e pulsante che non può adattarsi alle esigenze dell’ennesimo finanziamento da intercettare prestandosi alle discutibili contrazioni o dilatazioni progettuali dell’austero borgo o della ridente cittadina. Le strade, gli artigiani, gli odori, i colori, i sapori, l’animosità dei mercati cittadini meritano di far parte di una nuova storia e allora: raccontiAMO ACRI... |
PUBBLICATO 27/03/2025 | © Riproduzione Riservata

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