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Adolescenza antica

Foto © Acri In Rete
Angelo Bianco
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Mi scrive Carla da Acri “doc, il sindaco si riferisce a lei” e mi allega il post incriminato “io ho già risposto, anche io vivo fuori” e chiosa “aspettiamo in molti la sua risposta!”
C’è chi ha il coraggio di dire quello che pensa, facendo nomi e cognomi, e c’è chi, invece, usa l’arte dell’allusione perché sarà più facile, poi, smarcarsi dalla risposta critica e dire “no, non era rivolto a lei!”
Caro sig. sindaco, io faccio parte di quelli che ci mettono la faccia, sempre.
Sarà per mera deformazione professionale, faccio un mestiere che le cose, brutte o belle, le devo dire senza dare adito, mai, a fraintendimenti o sarà per un alto senso di educazione civica, abbiamo fatto lo stesso Liceo, dovrebbe sapere di cosa parlo.
Ho letto il suo post e anche se, forse, non è diretto a me, non c’è il mio nome e il mio cognome, io sono un adolescente antico di Acri, come Carla e tanti altri, e proverò a risponderle, a nome di tutti noi, con altrettanta sintesi di quanto lei, peró, doveva fare a meno.
Lei non fa un mestiere, lei è un Sindaco, dovrebbe usare rigore istituzionale nell’uso delle parole o, più banalmente, averne più onore, sparare nel mucchio non gliene rende.
Pigliare a pretesto un concerto di successo, facciamo anche tutta la stagione estiva, per dirsi capace di aver “cambiato” Acri è, amministrativamente parlando, un paradosso perché affidarsi all’estemporaneità per rendicontare la struttura di un programma politico è come pensare che la primavera è fatta dalla prima rondine e i proverbi insegnano che è esattamente il contrario.
Un sindaco illuminato, quale lei si professa di essere, tanto che non voleva manco un vice sindaco accanto per paura che ne oscurasse la luce, dovrebbe sapere che è il valore della quotidianità che misura il successo di un’azione e, allora, la domanda che le rivolgo è ovvia:
lei pensa di aver cambiato la quotidianità di Acri?
Non spenda il suo tempo e le sue parole dietro agli slogan della retorica trita e ritrita “noi facciamo”, lei governa ormai da quasi un decennio e le cabine elettorali sono piene di promesse vacue mai mantenute ma le elezioni sono lontane, tanto che lei ha appena rimpastato la sua giunta per avere, a suo dire, più forza programmatica e meno gente lacrimevole che l’ha pregata di non abbandonare la poltrona.
Adesso sono io a farle preghiera asciutta, non rincorra chi per Acri offre solo spunti di riflessione, come è stato segnalando l’assenza ingiustificabile di una delegazione ufficiale del comune alle esequie di padre Fedele, lei dov’era?
Io non ha mai giudicato il suo operato, in democrazia è compito di chi ha il diritto di voto, io non ne ho, io abito a La Spezia ma non può negarmi il dovere civico di chi ad Acri ha ancora casa, sorella, nipote e tanti amici e, allora, sig. Sindaco, spenga la musica e risponda a chi deve, ai suoi cittadini contemporanei:
Acri è cambiata in cosa?
Nel commercio?
Nel turismo?
Nella sanità?
Nella legalità?
Nella burocrazia amministrativa?
Nel decoro urbano?
Nell’aggregazione giovanile?
Negli spazi per gli anziani?
Si prenda il tempo che le serve, scenda dal palco, misuri la realtà dj tutti i giorni, se ha caldo si beva un bicchiere d’acqua, se trova un rubinetto da cui scorre fresca e pulita o se vuole un confronto, rimanga dov’è, credo che l’anfiteatro non basterebbe per accogliere i cittadini curiosi delle sue risposte.
Prima però ho però da riconoscerle una ragione del suo post illuminato.
Io ho una traccia adolescenziale molto diversa del nostro comune paese.
Io ho partecipato ad ogni concerto “supra l’uortu”, uno fra tutto quello dei Cugini di Campagna, la mia band preferita o quelli “allu Campu Sportivo”, i Pooh, Cocciante, Venditti ed erano tutti, tutti, sempre sold out ma non ricordo, mai, il sindaco dell’epoca, pigliarli a pretesto, per autoreferenziarne il successo e, allora, le chiedo ancora:
lei perché lo fa?
Mi dispiacerebbe se i miei concittadini fossero in accordo con la sua ricostruzione illusoria del “cambiamento” perché vorrebbe dire che preferiscono le toppe piuttosto che un vestito nuovo.
Acri, però, di questo ha bisogno, credere che si possa tornare a lavorare, tutto insieme, per un progetto strutturale, scegliendo stoffe, fili e artigiani di qualità per indossare tutti i giorni la fierezza di essere un acritano e non soltanto quando a cantare c’è “Micu u pulice” perché nella mia adolescenza anche lui, ad Acri, bastava per avere successo.

Rispettosamente
Un antico adolescente.

PUBBLICATO 19/08/2025 | © Riproduzione Riservata





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