“Nella tua nuda e solitaria stanza”, il dialogo immaginario di Enzo Cordasco con Vincenzo Padula


Piergiorgio Garofalo

Quello che Enzo Cordasco propone al pubblico nel suo libro “Nella tua nuda e solitaria stanza”, è un interessante dialogo immaginario con Vincenzo Padula che però, a ben vedere, presenta poche di quelle che sono le caratteristiche della forma dialogica convenzionale.
La particolare struttura dell’opera, in verità più vicina alle dinamiche del monologo e sovente permeata dal piglio del critico teatrale, riesce comunque e fin da subito a coinvolgere il lettore nell’aura confidenziale con cui l’autore ha inteso rivolgersi al Padula. Un artificio arguto, che rende il libro “leggero” ma al contempo completo proprio in quanto le tematiche affrontate, risultano quelle fondamentali per tratteggiare al meglio quello che fu il vissuto storico e letterario dell’intellettuale Acrese. Nulla viene tralasciato: gli elogi di Benedetto Croce agli appunti giornalistici, le critiche del De Sanctis agli scritti giovanili per le quali l’autore quasi cerca di consolare il suo immaginario interlocutore, le delusioni, i fervori Romantici e Risorgimentali frammisti ai solidi riferimenti illuministici e classicisti, i poemetti, le poesie dialettali “del e per” il popolo, il Bruzio e l’attività giornalistica e sociologica: tutto è funzionale per costruire uno degli stereotipi Paduliani migliori degli ultimi tempi e dal quale emerge una figura composita, non ascrivibile ad una precisa corrente e proprio per questo originale. Illuminista tra i Romantici, Romantico naturale tra i romantici convenzionali, classicista e purista tra i risorgimentali, tutto questo fu il Padula ma, forse, nulla di tutto ciò. La sua attività intellettuale fu fervente ma proprio a causa della sua originalità, poco a suo agio con gli ambienti culturali napoletani, sia in epoca borbonica che post-unitaria. Cordasco ripercorre l’opera Paduliana attraverso l’analisi di molti testi (tra i quali spicca quella del Massaro contenuta in Persone in Calabria), rimarcando il cono d’ombra che a lungo subì più o meno fino all’inizio del Novecento, quando fu proprio Benedetto Croce ad inaugurare la sua “riscoperta” che poi culminò intorno alla metà del secolo con il lavoro di Carlo Muscetta e Gaetano Trombatore con i quali finalmente ebbe grande divulgazione. L’autore inoltre, prima di impegnarsi nell’accurata ricostruzione della “fortuna” che ebbero le opere del Padula (in particolare “Antonello capo brigante calabrese”) in quella che fu l’epopea teatrale risorgimentale e novecentesca, si diletta quasi a tratteggiare un profilo psicologico-Paduliano dal quale emerge la spiccata solitudine che lo accompagnò, a suo avviso, proprio a causa della lunga incomprensione che soffrì la sua opera. Il tutto funge da preambolo ad un manieristico reading poetico proposto in appendice, elaborato dallo stesso Cordasco sulla base di una selezione delle poesie più belle dello stesso Padula. Il libro, edito da Arte26Editor, è stato presentato ad Acri lo scorso 4 Aprile nel contesto dell’iniziativa dell’assessorato alla cultura “Autori in biblioteca” alla presenza dell’assessore Ferraro e del presidente della Fondazione Padula Giuseppe Cristofaro, i quali hanno speso le loro analisi e considerazioni dialogando, insieme al pubblico presente, con lo stesso autore. |
PUBBLICATO 14/04/2016 | © Riproduzione Riservata

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