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Buon Natale... Natale di solidarietà per Erika...

don Sergio Groccia
Foto © Acri In Rete
Sapevi che Dio arriva quando meno te lo aspetti.
Magari lo cerchi tutta la vita, o credi di cercarlo, o sei convinto di averlo trovato e quindi dormi sugli allori e, intanto, la vita ti passa addosso.
È che Dio è evidente e misterioso, accessibile e nascosto, già e non ancora.
È che la nostra vita passa, con i suoi desideri e le sue delusioni, le sue scoperte e le sue pause, le sue paure e le sue ironie, i suoi entusiasmi e i suoi fallimenti.
Passa e fatichiamo a tenerla ferma in un punto, un punto qualsiasi, attorno a cui far girare tutto il resto.
E anche ad essere ottimisti e a voler sempre vedere il mezzo bicchiere pieno c’è da vivere in ansia perenne: la tua tredicesima è meno dello scorso anno, i tassi del mutuo mandano sul lastrico le persone,il petrolio sale sale sale, i figli  trentenni  non trovano lavoro per più di sei mesi.
Insomma: per tutte queste ragioni abbiamo assoluto bisogno di fermarci, almeno qualche minuto, di guardare dove stiamo andando, di trovare un filo a cui appendere, come dei panni, tutte le nostre vicende.
Fermarci in prossimità del Natale.

Pubblica confessione
Lo sapete, amici: detesto il Natale.
Capiamoci: non il Natale che è lo stupore a cui voglio dare tutta la mia adesione.
Detesto lo sgorbio che ne abbiamo fatto, la fiera insopportabile dei buoni sentimenti, l’ipocrisia del politicamente corretto che fa del Natale una festa di compleanno senza festeggiato, la mielosa retorica delle nostre messe di mezzanotte in cui preti assonnati cercano di convincere fedeli una tantum.
Ho bisogno di capire come posso trovare il Dio diventato accessibile, fatto volto, divenuto incontrabile.                   
Voglio poterlo vedere questo Dio consegnato, arreso, palese, nascosto in mezzo agli sguardi e ai volti di tanti neonati.
Perché possiamo celebrare cento natali senza che mai una volta Dio nasca nei nostri cuori.
Come dice splendidamente Bonhoeffer: «Nessuno possiede Dio in modo tale da non doverlo più attendere. Eppure non può attendere Dio chi non sapesse che Dio ha già atteso lungamente lui.»

Gesù, al solito, è straordinario.
Dio è discreto, modesto, quasi timido, non impone la sua presenza, come la brezza della sera è la sua venuta.  A noi è chiesto di spalancare il cuore, di aprire gli occhi, di lasciar emergere il desiderio.
Come? Non lo so, amici.
Se vissuti bene, aiutano anche i simboli del Natale cristiano: preparare un presepe, addobbare un albero. Facciamo qualcosa, una piccola cosa, per chiederci se Cristo è nato in noi, per non lasciarci travolgere dal diluvio di parole e cose che ognuno vive.
Ma, ad aggravare la nostra situazione, non dobbiamo solo combattere contro la dimenticanza.  Ci tocca pure combattere contro il finto natale, il Natale tarocco.

Vendesi.
Non capisco perché una festa splendida, la festa che celebra la notizia dell’inaudito di Dio che irrompe nel mondo, sia stata travolta dalla melassa del buonismo natalizio.
È un dramma, il Natale, è la storia di un Dio presente e di un uomo assente.
Non c’è proprio nulla da festeggiare, non abbiamo fatto una gran bella figura, la prima volta.
Natale è un pugno nello stomaco, una provocazione, un evento che obbliga a schierarsi. Natale è l’arrendevolezza di Dio che ci obbliga a conversione.
Quindi: viva i regali, viva la festa. Ma che sia autentico ciò che facciamo, che sia presente il festeggiato, Dio, alle nostre ipercaloriche cene, che i giovani capiscano che è il suo compleanno, e a noi fanno i regali.

Svendesi.
In questi anni ho visto con sgomento che il Natale, per i poveri veri, per chi ha subito un abbandono, un trauma, un lutto, è diventato una festa odiosa e insostenibile.
Di fronte alle immagini stereotipate della famiglia felice intorno all’albero e armonia e canti di angeli che ci propinano i media, chi, invece, vive affettività fragili e solitudini, è travolto da un insostenibile dolore.
E questo mi fa impazzire di rabbia.
Il Dio dei poveri, il Dio che viene per i pastori, emarginati del tempo, il Dio che non nasce nel Tempio di Gerusalemme, ma nella grotta di Betlemme, viene sostituto dal dio piccino del nostro ipocrita buonismo.
Se i nonni soli, se le persone abbandonate, se i feriti dalla vita non hanno un sussulto di speranza nella notte di Natale, significa che il nostro annuncio è ambiguo, travolto e sostituito da un inutile messaggio di generica pace.
Esagero? Voglia Dio che sia così.
Non giochiamo a far finta che poi Gesù nasce, Gesù è già nato, morto e risorto, vive accanto a me. Il problema è, semmai, se io sono nato.
Nasciamo insieme, ora qui.  Come? Con la solidarietà fattiva. Raccogliamo dei fondi. Qualcuno ha bisogno di aiuto, è EriKa, acrese di quattro anni, affetta da una rarissima malattia. Forniamole le ali per volare verso un viaggio pieno di speranza e di futuro. Dolcemente il soffio della speranza animerà il sentiero verso la Florida. Il tuo sguardo riconosca l’invito dell’amore trasformante di Dio che si avvicina a te nascosto negli eventi. Lasciamo che la voce di Erika risuoni in noi. Insieme saremo una meraviglia di grazia.


PUBBLICATO 23/12/2007

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