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I familiari: «E’ stato ucciso una seconda volta».

Piero Cirino
Foto © Acri In Rete
La notizia del fermo di Ferdinando Gencarelli, per l'omicidio di Natale Sposato, è piombata sulla città con l'effetto simile a quello prodotto dalla deflagrazione di una bomba. “Gino” professa la sua innocenza, e questo rende tutt'altro che chiarite le circostanze che hanno portato, in una tiepida serata di settembre di due anni fa, in contrada Pietremarine, all'omicidio di Natale Sposato. Certo, chi conosce Gencarelli parla di un carattere un po' fumantino, ma assolutamente non in tono con il ritratto di un assassino, che, perdippiù, uccide per una mangiata di noci. Saranno tuttavia le indagini ad appurare la presunta colpevolezza dell'indiziato. Quello su cui c'è da riflettere sono invece le pesanti accuse lanciate dal Procuratore Dario Granieri, circa un clima non solo di omertà, ma addirittura ostile alle indagini da parte di parenti e conoscenti del ragazzo.
Di più, Granieri ha anche puntato il dito contro alcuni degli investigatori che seguirono le indagini nella prima fase, parlando, senza perifrasi, di vero e proprio inquinamento nell'accertamento della verità. Inutile tentare di strappare qualche dichiarazione nella stazione dei Carabinieri di Acri: è una questione di stile, più che di consegne.Vige un silenzio assoluto e tutto sommato prevedibile, anche se non è difficile immaginare unclima cupo diattesa. L'atteggiamento di alcuni investigatori è sotto la lente diingrandimento edè plausibileimmaginare che tra questi possa esservi anche qualche militare in servizio ad Acri. Ieri anche la famiglia della vittima, tramite l’avvocato difensore Angelo Altomari, ha manifestato disappunto per le parole del procuratore Granieri. «Sugli addebiti mossi ai familiari – ha commentato l’avvocato Altomari -, dissentiamo in maniera categorica da quanto affermato dal procuratore Granieri. In un certo senso, affermare che i congiunti della vittima abbiano cercato di intralciare le indagini è come uccidere per la seconda volta il povero Natale. A tal riguardo, occorre anche ricordare che il padre e il cognato sono stati indagati e chealorocariconon èstatotrovatonulla. Abbiamo sempregarantito ilmassimo dellacollaborazione, fornendo anche prove documentali e abbiamo reiteratamente invitato gli inquirenti – ha continuato Angelo Altomari a indagare a trecentosessanta gradi, non solo nell’ambito familiare». In riferimento al degrado culturale, lo «riteniamo oltremodo offensivo, soprattutto - aggiunge l’avvocato - se riferito a una famiglia i cui componenti sono in gran parte emigrati, quindi con contatti che si limitano essenzialmente a visite occasionali. E’ ingiusto, oltre che ingeneroso, addebitare i ritardi dell’azione investigativa a una famiglia che ha sempre fatto del suo meglio per arrivare alla verità».

Fonte: "Il Quotidiano della Calabria" del 18-11-2010.

PUBBLICATO 18/11/2010

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