Riprendere la speranza di costruire giustizia e pace.
sac. Sergio Groccia
Conosciamo anche l'esperienza della chiusura dentro a noi stessi nelle situazioni di dolore, di sconferma, di avvilimento, di angoscia, di mancanza di speranza; di paura. Anche la situazione culturale, etica, politica, religiosa attuale può indurre sconforto e senso di impotenza. Anche le diverse fedi religiose, anche la Chiesa possono entrare in questa "stanza della chiusura", della paura e per questo della contrapposizione con la società, con il mondo. Noi tutti e tutte possiamo anche raccontare esperienza di apertura, di fiducia, di speranza, di coraggio; e come queste siano state sollecitate e favorite dall'incontro con una persona, con un gruppo; da parole profonde e pregnanti di significati; comunque da situazioni che hanno favorito poco a poco rasserenamento interiore, ripresa di fiducia, di dinamica di vita. Anche la fede può in modo significativo contribuire a questa ripresa interiore che diventa coinvolgimento a contribuire a situazioni di speranza e di vita nella società, nel mondo, nella Chiesa. Il Vangelo di Giovanni 20,19-31 ci narra proprio della ripresa della speranza dentro ad una situazione di dolore, di avvilimento, di mancanza di speranza. I discepoli, undici dopo la fine tragica di Giuda, stanno rinserrati con le porte chiuse per paura di essere arrestati e uccisi come Gesù. La sua morte tragica li ha gettati nel dolore e nello sconforto. Si sentono smarriti. Insieme alla sua persona pare proprio siano stati egualmente uccisi e sepolti i suoi ideali e i suoi gesti così nuovi, sorprendenti, umani. In modo inatteso, sorprendente, incredibile Gesù si fa presente in mezzo a loro e li saluta con l'amicizia e l'intensità di sempre, mostrando loro le mani e il fianco: i segni delle ferite sono ben visibili, ma ora sono rimarginate e lui, proprio lui Crocifisso è di nuovo vivo fra loro, è Vivente oltre la morte. Il saluto che lui ripete loro non è uno possibile fra gli altri, ma quello più pregnante e significativo che comprende tutti gli altri perché riguarda la questione fondamentale della vita e della storia umana: "La pace sia con voi". La pace infatti sembrava uccisa con lui che quotidianamente l'aveva annunciata e praticata. La pace come liberazione dall'inimicizia e dalla violenza; come equilibrio interiore; come relazione significativa con gli altri, come condivisione dei beni; come accoglienza e perdono reciproci; come relazione di attenzione e custodia con tutti gli esseri vissuti, con l'intero ambiente vitale. Gesù nomina la pace, dona la pace, coinvolge nell'impegno quotidiano per costruire la pace dentro alle ingiustizie, alle violenze, ai conflitti, alle armi, alle guerre della storia. L'ideale e la speranza della pace diventano impegno per la pace; situazioni di giustizia e pace raggiunte diventano nutrimento della speranza di pace. La pace è risurrezione da situazioni di morte, è vita. Come si può annunciare l'incontro con Gesù Vivente oltre la morte che ci dona la pace e ci coinvolge nell'impegno quotidiano a costruirla se poi si accettano inimicizie e violenze, costruzione e vendite di armi e guerre; pregiudizi, discriminazioni, xenofobia e razzismo; usurpazione e distruzione dell'ambiente, mercificazione dell'acqua? L'incontro con Gesù Risorto; con le donne, gli uomini, le comunità che amano, si dedicano, vivono concretamente la speranza, ci coinvolge a costruire ogni giorno segni di giustizia e di pace. |
PUBBLICATO 06/05/2011
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