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Ridateci "Marbizzu" e "Zirighinu".

Leonardo Marra
Foto © Acri In Rete
Sono tempi magri, di crisi, ancora non si vede la fine del tunnel anzi, da quello che si sente in giro le cose sembrano peggiorare (vedi gli ultimi 3700 esuberi dichiarati dalla Telecom) e con la disoccupazione che cresce, anche un idiota capirebbe che non può crescere l’economia, ma, per fortuna, c’è chi si ostina a sorridere (sempre), ad affermare che l’ottimismo è il sale della vita (beato lui che può permettersi di essere ottimista) e fornire i “suoi” dati sul PIL, facendo diffondere i dati sugli indici di fiducia degli americani, dimenticando che l’Italia non è l’America e gli italiani sono una razza (negativamente parlando) davvero a parte.
Ecco come al solito divago, anche se volevo parlare d’altro; di quando, tempo addietro, si andava a fare spesa dal pizzicagnolo sotto casa, allora c’erano i vari “Marbizzu” e “Zirighinu”, tanto per citare quelli di cui il ricordo è più forte.
Vi ricordate quando il lattaio portava il latte fresco in casa, ed il peggio che ti poteva capitare è che quel latte fosse “addizionato” con l’acqua di “pompia”.
Quando il fornaio con la sua ape furgonata portava il pane croccante appena sfornato fin sotto casa o quando si entrava nel negozietto del salumaio e ti avvolgeva il profumo della mortadella; adesso è il profumo del lisoform che ti da il benvenuto. Certo c’è più igiene, ma a che prezzo?

Ma ritorniamo alla crisi di oggi.
Pochi soldi in tasca, conti da far quadrare, le bocche da sfamare sempre le stesse anzi ,col passar del tempo si cresce e (ahimé o per fortuna) si consuma di più; allora cosa fare? Considerando che, fondamentalmente, siamo un popolo stupido, ma onesto e che la rapina in banca è fuori dalla nostra mentalità, non resta che utilizzare alla meglio i pochi soldi a disposizione.
Allora si compra il latte che costa meno, il formaggio in offerta perenne, il pesce a buon mercato, il vino di 60 cent, e così via.
Poi scopriamo che il latte, per bene che vada, è annacquato (ma che differenza con l’acqua di pompia!!), addizionato con acqua ossigenata che riduce le alte cariche batteriche, oppure è stato utilizzato latte in polvere ricostituito (talvolta addiritttura latte in polvere per uso zootecnico), o si scopre che è stato utilizzato latte inacidito con l’aggiunta di alcali.
Va bene, mi dico, faccio a meno del latte, anche perché nemmeno le grandi aziende sembrano essere immuni da queste sofisticazioni e dunque non è pagando di più che sono al sicuro.
Allora rivolgo la mia attenzione agli altri latticini, anche perché “il calcio è importante nell’alimentazione”.
Peggio che andar di notte! A parte gli eccessi, documentati anche da tutti i mezzi di informazione, di alcune industrie che “rigeneravano” formaggi da prodotti avariati, scaduti e molto spesso alla portata di insetti e topi, anche in questo caso, nella migliore delle ipotesi, c’è l’aggiunta di grassi per ottenere la quantità lipidica richiesta da quel particolare formaggio, ma c’è anche l'aggiunta di formaldeide ai formaggi duri a scopo disinfettante per mascherare difetti di lavorazione dovuti all'utilizzo di latte scadente, quella di pectine e gomme viniliche ai formaggi molli per conferire maggiore compattezza, e poi i formaggi ottenuti con latte in polvere ricostituito (uso consentito in altri paesi sigh!).
Una volta avevamo l’olio d’oliva italiano, il Bertolli, il Dante, ecc, tutti prodotti con olive italiane (toscane, pugliesi, calabresi) e ci si poteva fidare; andate ora a leggere l’etichetta… “prodotto con olive provenienti da paesi comunitari” il che può starmi anche bene, ma allora, come si fa a decantare il prodotto made in italy se poi in questi prodotti c’è tutto tranne che gli ingredienti nazionali? E poi alcuni produttori che utilizzano olio di semi con l’aggiunta di clorofilla per poterlo vendere come olio extravergine d’oliva.
La pasta, orgoglio e vanto italiano fino a qualche decennio fa, ora fatta(in alcuni casi) con grano tenero o con altri cereali meno costosi, l’aggiunta di coloranti o additivi chimici per imitare le paste speciali o le paste all’uovo.
I pesci, insufflati con aria per sembrare più nutriti o impregnati d’acqua per farli aumentare di peso, l’utilizzo di salnitro che ne ravviva il colore e lo fa sembrare fresco, oppure il trattamento delle branche mediante l’utilizzo di una soluzione con anilina ed ammoniaca per ravvivarne il colore, il pesce topo proveniente dall’Atlantico spacciato per “cuoricini di merluzzo”.
Le uova fresche conservate, invece, nelle celle frigo o che portavano una data di scadenza superiore ai 28 giorni consentiti.
I vini ottenuti dalla fermentazione di zuccheri e frutta diverse dall’uva, l’aggiunta di coloranti, di alcol metilico per aumentarne la gradazione, di antigelo per aumentarne la morbidezza ed il corpo, l’aggiunta di conservanti illegali(acido borico e acido salicilico).
Per non parlare delle carni; tra morbo della mucca pazza(1986-2005), l’influenza aviaria(2007-2008), la peste suina (2009), l’epidemia di scrapie (stessa famiglia del morbo della mucca pazza), avvenuta qualche anno fa e circoscritta (sembra) alla sola Sardegna, non c’è da stare allegri.
Se poi allarghiamo il discorso ai prodotti “alimentari” provenienti da paesi come la Cina dove è assente qualunque normativa per la difesa della salute dei cittadini, beh mi sa che allora faremmo bene a chiudere baracca e burattini.
Fortunatamente i sofisticatori non hanno vita facile perché c’è chi vigila su tutto questo, la guardia di finanza, i carabinieri gli organismi sanitari sono riusciti negli ultimi tempi a scovare gli autori di molte di questi criminali che attentano alla salute pubblica.
Nel 2008 sono state effettuate oltre 28.000 ispezioni e rilevate 5.866 infrazioni penali, che hanno portato all'arresto di 49 persone e alla chiusura «per motivi di salute pubblica» di ben 836 strutture.
La nota dolente?
Il 17 febbraio 2010 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale l'elenco delle sentenze penali passate in giudicato e pervenute al Ministero della salute nel corso dell’anno 2008, a carico di produttori e ditte alimentari condannati per reati di frode e sofisticazioni alimentari.
Si tratta di 81 (ottantuno!) sentenze. Decisamente un po' poche... Le sanzioni variano da 500 a 3.000 Euro circa.
Beh per chi guadagna milioni sulla nostra pelle, quello di pagarne 5000 è un rischio che si può anche correre che dite?

Per chi volesse approfondire:
http://risorse.legambiente.it/docs/Italia_a_tavola_2009.0000000824.pdf
nella APPENDICE: “IL CALENDARIO DELLE FRODI ALIMENTARI” da pag.73 in poi ci si può fare una ottima idea su quello che potremmo mettere inavvertitamente sulla nostra tavola.

PUBBLICATO 12/07/2010

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