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Quando un paese di provincia…

Francesca Branca
Foto © Acri In Rete
Il mio paese mi è sempre piaciuto. D’inverno la neve lo rende etereo, in primavera si improfuma di ginestra. E’ la melagrana spaccata sui tre monti, il presepe con le case basse a gregge. Ha il sapore agrodolce e tutto proustiano dell’infanzia perduta. Lì si conservano tutti i miei ricordi più belli. In quelle strade ho giocato, in quelle scuole sono cresciuta. Lì viveva mia nonna, che ora non c’è più. Lì vivono i miei genitori, mio fratello.
Eppure non ci torno volentieri. Non mi piace vedere come si trasforma, come le pessime gestioni, di ogni colore, la risucchino in vortici sempre più neri, come si contendono cattivi primati a danno di chi resta fiducioso.
Acri langue. Le strade che franano la isolano, la disoccupazione la svuota, il malcostume le toglie l’anima. E’ dura pensare che questa sia la terra di Giovan Battista Falcone, di Vincenzo Padula e di tutti quei cuori rivoluzionari che la volevano più etica, in un mondo più etico.
Quando un paese di provincia, in questa Italia, di questi tempi, cambia, cambia sempre in peggio. La modernità fa irruzione dai rettangoli ultrapiatti delle tv e disciplina la vita delle persone a loro insaputa, li indottrina coi vuoti soliloqui quotidiani. Suggerisce l’abbigliamento, propone modi di parlare, è martellante sulle quisquilie e nettamente superficiale sulle faccende importanti della vita sociale. Quella cattiva maestra popperiana che ingerisce la cultura, la ghettizza, la rende inutile passatempo per pochi e noiosa ai più, che forgia nuovi cittadini senza coscienza, propensi sempre – guarda caso – a preferire Cesare a Bruto, a farsi folla inconsapevole, ingorda e mai sazia del vecchio e sempre valido panem et circenses.
Quando ad Acri hanno costruito l’anfiteatro, inghiottendo una porzione di bosco, lo hanno fatto con la promessa di portare agli abitanti la cultura. Chi ci ha creduto si aspettava le belle rassegne culturali che alimentano la mente e invece si ritrova a fare i conti con una riproduzione dal vivo della pessima televisione contemporanea.
In pochi anni si è passati dalla sagra della salsiccia alla sagra delle persone.
Giovedì 15 luglio, alle ore 21:00 si inaugurerà la nuova stagione della rassegna estiva che si svolge tutti gli anni proprio in quell’anfitatro. Acrinscena si chiama. Ci sarà Milly Carlucci con la Titova, Umberto Smaila (senza ragazze cin cin), Alessandra Amoroso, Marco Mengoni, una sequala di sosia, di dilettanti allo sbaraglio, di ballerini improvvisati al primo debutto sul palco. Acri si fa specchio di quella cattiva maestra, fa il possibile per dare ai suoi abitanti il diventimento effimero e cieco che si aspetta, l’unico a cui è stato abituato da vent’anni di univoca sperimentazione catodica. E’ la cd. Endemol generation denuiciata da Caparezza che funziona come non mai.
Il 15 luglio c.m. ad Acri parte il solito carroccione e fesso chi non si fa trovare pronto a saltarci su!

PUBBLICATO 17/07/2010

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