OPINIONE Letto 3544  |    Stampa articolo

Il silenzio assordante del PD...

Gianluca Garotto
Foto © Acri In Rete
C'era una volta ad Acri la festa de l'Unità, e dietro di essa una grande partito, capace di raccogliere consenso ed entusiasmo, giovani e meno giovani, donne, anziani. La Festa de l'Unità era un momento di raccolta di simpatizzanti ed iscritti al partito, un momento di partecipazione e di presenza sul territorio, di discussioni e dibattito politico, di presentazione e di appuntamento di fine estate e fino a qualche anno era considerata un'occasione per ricompattare l'elettorato ed accendere un po di entusiasmo politico.
In Acri le vecchie usanze sembrano destinate a rivivere solamente nei ricordi dei militanti del passato. A qualcuno le feste dell'Unità fanno addirittura paura, nella lista di persone che vorrebbero chiudere i conti col passato si iscrivono a pieno titolo i cosiddetti "nativi", i giovani che hanno iniziato la propria militanza solo all'indomani della fusione tra Democratici di sinistra e Margherita. Le parole "compagni" o "compagne" o "festa dell'Unità", sono parole e concetti che appartengono ormai solo alla tradizione e che probabilmente i nuovi iscritti al PD fanno fatica ad accettare.
La vecchia festa dell'Unità era un evento in cui ci si poteva confrontare con i "compagni" provenienti dalle realtà diverse, a volte con idee spesso molto diverse ma quello che univa era l'eterno richiamo alla lotta tra capitale e lavoro.
C'era una volta un'idea, che non era un'idea qualsiasi. Era una specie di sfida impossibile. Costruire una formazione politica che plasmasse un'utopia.
C'era una volta un paese che nell'ambito regionale era una roccaforte della sinistra, dove prendeva il 65% dei voti, dove in molti casi la scelta del Sindaco era tra Pds e Rifondazione comunista. Negli ultimi tempi c'è stato un pauroso calo di consensi.
Ma invece di trovare una soluzione unitaria, si è scatenata una guerra tra bande di capi e capetti...
Eppure il legame esiste nella semplice successione di eventi pur diversi tra loro; esiste soprattutto nella percezione dell'opinione pubblica.
Tutti noi assistiamo, da spettatori un po' smarriti, al declino irresistibile della principale forza d'opposizione.
Il Pd non riesce a creare alcuna magia e nemmeno a convincere sul piano razionale.
Il punto è che il partito assomiglia a un tronco tuttora imponente, ma corroso al suo interno e quindi fragile.
E' molto facile, nei momenti di difficoltà, far finta di non vedere e spostare l'attenzione su fatti inesistenti solo al fine di nascondere i propri problemi.
Un Partito che non offre più riferimenti di alcun genere e che parla con la voce di personaggi invisi e di qualche vecchio leone ormai in disuso.
Un Partito, che non riesce a trovare alleati e che ha perso consensi, un Partito che non riesce ad attrarre i giovani, un Partito che nell'arco di pochi mesi ha perso
Un partito allo sfascio…
Da quel 12 aprile la sinistra acrese, o meglio il Partito Democratico, non esiste più.
E' frammentato, frantumato, lacerato, disarticolato.
E con esso la storica festa de L'Unità: nessuna data, nessuna mostra, nessun convegno, nessun suono e nessun gioco, ma solo un assordante silenzio…
Una festa è un momento di riflessione, un fattivo momento di aggregazione, di presenza sul territorio, un luogo privilegiato di confronto.
E invece nulla di tutto questo...
Concludendo mi viene in mente il prof. Giovanni Sartori, per il quale il partito è il punto di riferimento ideale e programmatico dei cittadini elettori, e i sistemi in cui "l'elettore vota semplicemente e puramente per il notabile locale e i partiti rimangono etichette di poco o nessun conto", con le conseguenze inevitabili nella mancanza di qualsivoglia punto di riferimento politico nel senso vero del termine, nella più piena libertà "creativa" degli eletti, che finiscono per rappresentare se stessi e, se va bene, le loro personali idee politiche.

Walt Whitman
scriveva…
O Capitano! Mio Capitano! Il nostro duro viaggio è finito,
la nave ha scapolato ogni tempesta, il premio che cercavamo ottenuto,
il porto è vicino, sento le campane, la gente esulta,
mentre gli occhi seguono la solida chiglia, il vascello severo e audace:
ma, o cuore, cuore, cuore!
Gocce rosse di sangue
dove sul ponte il mio Capitano
giace caduto freddo morto.

O Capitano! Mio Capitano! Alzati a sentire le campane;
alzati, per te la bandiera è gettata, per te la tromba suona,
per te i fiori, i nastri, le ghirlande, per te le rive di folla
per te urlano, in massa, oscillanti, i volti accesi verso di te;
ecco Capitano! Padre caro!
Questo mio braccio sotto la nuca!
È un sogno che sulla tolda
sei caduto freddo, morto.

Il mio Capitano non risponde, esangui e immobili le sue labbra,
non sente il mio braccio, non ha battiti, volontà,
la nave è all'ancora sana e salva, il viaggio finito,
dal duro viaggio la nave vincitrice torna, raggiunta la meta;
esultate rive, suonate campane!
Ma io con passo funebre
cammino sul ponte dove il Capitano
giace freddo, morto.


PUBBLICATO 07/09/2010

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